Nel mio ultimo articolo “Sindrome del pene piccolo: la paura più grande per l’uomo.” ho iniziato ad affrontare un argomento delicato, oggi vorrei concludere con la parte relativa alle possibili soluzioni.
Diamo uno sguardo ad un pò di numeri: “Sono oltre 20.000 i giovani, tra i 18 e i 30 anni, che ogni anno chiedono allo specialista di potersi sottoporre ad un intervento per l’allungamento del pene” ha affermato il presidente della Società Italiana di Urologia Vincenzo Mirone, alcuni anni fa. A questo punto, diventa fondamentale chiedersi come mai la lunghezza/grandezza dell’ organo genitale maschile continui ad imporsi come l’equivalente di potere e virilità oltre che motivo di sicurezza in più rispetto a tante altre risorse e caratteristiche personali, e quindi perché l’uomo ‘’normodotato’’ decida comunque di sottoporsi a chirurgie falloplastiche, nonostante:
- informazioni di tipo ginecologico che confermano come le zone più sensibili e innervate dell’apparato genitale della donna siano quelle più esterne (grandi e piccole labbra, clitoride e i primi 3-5 cm rispetto all’entrata del canale vaginale), per cui diventa irrilevante possedere un pene più lungo di 12-14 cm in erezione;
- Risultati di uno studio del 2002 pubblicato all’interno di una Rivista Scientifica di Urologia, relativo a “Che importanza le donne attribuiscono alla misura del pene” che conferma come l’80% delle donne ritenga che la lunghezza del pene non abbia importanza contro un 20% che dichiara il contrario;
- Rischio di ritrovarsi in una situazione peggiore rispetto a quella di partenza, sia a livello estetico che funzionale.
Sempre Mirone, spiega come ben il 90% delle richieste siano in realtà immotivate, in quanto il timore e il disagio riportato rispetto a ipotetiche dimensioni inferiori alla norma, non coincide con le statistiche medie. Ciò potrebbe testimoniare una visione distorta della propria immagine di sé e in particolare del pene – la cosiddetta dismorfofobia peniena– accompagnata da senso di insicurezza e autostima bassa, che mina la relazione con sé stesso e con l’altro.
Cosa fare quindi?
Spesso la persona si rivolge al proprio medico di base che a sua volta lo indirizza verso un andrologo, il quale dovrebbe prima di qualsiasi approccio chirurgico:
- raccogliere informazioni dal paziente riguardo a quelle che sono le sue misure peniene e mostrargli quelle relative al nomogramma, che riporta i valori di normalità per età e zona esaminata;
- inviarlo da uno psicosessuologo, in modo tale che il soggetto abbia la possibilità di esplorare emozioni, pensieri ed un eventuale risoluzione senza ricorrere alla chirurgia;
- dare informazioni di carattere medico rispetto alle metodiche e ai rischi.
Pertanto, posto che, sia chi debba ricorrere a tecniche invasive sia chi vive delle limitazioni di tipo funzionale, nella misura in cui non riesce ad inserire il pene nell’organo della donna, diventa necessario valutare, da parte delle diverse professionalità che prendono in carico la persona, l’invalidità percepita e vissuta soggettivamente soprattutto per quanto riguarda la relazione con sé e l’altro. Si auspica che in seguito ad un intervento psicosessuologico il soggetto riveda il proprio vissuto e le proprie idee, anche attraverso un percorso di coppia, dove quest’ultima diventa in questi casi una grande risorsa, ma se così non fosse, diventa importante accompagnare la persona verso la scelta intrapresa di sottoporsi a chirurgia falloplastica e durante il post.
Metodiche chirurgiche di allungamento penieno.
– Sezione del legamento sospensore: il legamento sospensore del pene unisce la parte interna del medesimo all’osso del pube, permettendo allo stesso di formare l’angolo adatto per una penetrazione vaginale. L’incisione cutanea provoca così un distacco del pene dal pube, con conseguente scivolamento in avanti e allungamento. E’ importante sottolineare il fatto che risulta difficile prevedere la reale consistenza di ogni singolo legamento in quanto struttura profonda, e pertanto anche l’entità dell’allungamento ottenibile.
– Plastica cutanea a V-Y: Riguarda essenzialmente l’allungamento della cute del pene che altrimenti sarebbe troppo ‘’corta’’, spesso associata a Liposuzione Addominale/Peno Pelvica per eliminare l’accumulo di tessuto adiposo che potrebbe ricoprire parzialmente il pene.
Come potrete vedere, non mi sono soffermata ampiamente sulla descrizione delle tecniche chirurgiche utilizzate, in quanto non essendo medico, desidero evitare di entrare nel vivo di materie non di mia competenza e allo stesso tempo vorrei che voi stessi, in caso di bisogno, vi attivaste per trovare un professionista Andrologo in grado di rispondere ai vostri dubbi e quesiti. Per quel che mi riguarda come Psicoterapeuta-Sessuologa, resto a disposizione per tutto ciò che concerne l’aspetto emotivo che riguarda le storie di tanti uomini.
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