L’energia necessaria per soddisfare le richieste energetiche dell’organismo deriva, in percentuale diversa, dall’ossidazione di glucidi (glucosio plasmatico e glicogeno muscolare), proteine e lipidi (acidi grassi del tessuto adiposo e trigliceridi muscolari).
I fattori principali che determinano quali di questi substrati energetici venga utilizzato dai muscoli durante l’esercizio sono:
- tipologia dell’esercizio (continuo o intermittente);
- durata;
- intensità;
- stato d’allenamento;
- stato nutrizionale dell’atleta;
- condizioni di salute del soggetto.
Nell’attività fisica a bassa intensità (25-30% del VO2max) l’energia è fornita principalmente dal metabolismo lipidico con liberazione di acidi grassi dai trigliceridi del tessuto adiposo (diete dimagranti ipocaloriche) mentre i trigliceridi intramuscolari ed il glicogeno (clicca per approfondire) non contribuiscono in modo determinante alla produzione di energia.
Gli acidi grassi vengono trasportanti nel sangue legati ad una proteina, l’albumina, e vengono poi rilasciati a livello muscolare dove costituiscono il substrato per i processi ossidativi.
La massima attivazione del metabolismo di acidi grassi viene raggiunta mediamente dopo 20-30 minuti di attività. All’inizio dell’esercizio vengono utilizzati principalmente gli acidi grassi ematici e solo successivamente, quando il loro livello plasmatico diminuisce, aumenta la liberazione di acidi grassi dal tessuto adiposo quindi:
- se l’attività fisica è di bassa intensità ma di breve durata lipidi e carboidrati contribuiscono in ugual misura alla richiesta energetica;
- se l’attività fisica è di bassa intensità ma si protrae per almeno 60 minuti vi è un depauperamento delle riserve ematiche di glicogeno e maggiore utilizzazione di lipidi che arrivano a coprire l’80% della richiesta energetica.
La progressiva prevalenza del metabolismo lipidico nel corso di attività fisica prolungata dipende dall’assetto ormonale che si instaura:
La miscela metabolica varia in funzione dell’intensità del lavoro muscolare:
- ad intensità più bassa la principale fonte energetica è rappresentata dai grassi;
- ad intensità più elevata l’utilizzazione dei grassi rimane costante ma vi è un progressivo aumento dell’utilizzo di glucosio e glicogeno muscolare.
L’allenamento consente sia di risparmiare le scorte di glicogeno che di ottimizzare l’utilizzazione dei grassi a fine energetico.
In seguito all’allenamento il muscolo scheletrico subisce un adattamento:
- aumenta la disponibilità intracellulare degli enzimi del ciclo di Krebs e della catena di trasporto degli elettroni;
- migliora il trasporto degli acidi grassi attraverso le membrane della cellula muscolare;
- aumenta il trasporto di acidi grassi all’interno del mitocondrio (meccanismo legato alla carnitina);
- aumenta il numero (iperplasia) e la grandezza (ipertofia) dei capillari e dei mitocondri;
- aumenta il VO2max quindi la disponibilità di ossigeno che è il fattore limitante l’utilizzo degli acidi grassi a scopo energetico.
L’allenamento di tipo aerobico consente quindi una maggiore liberazione di ATP dalla beta-ossidazione ed aumenta la resistenza della cellula indipendentemente dalle scorte di glicogeno.
Nell’attività fisica di media intensità (50-60% del VO2max) si riduce il ruolo degli acidi grassi plasmatici ed aumenta l’energia derivata dall’ossidazione dei trigliceridi muscolari fino a pareggiare il conto tra queste due fonti.
Nel passaggio da riposo a lavoro submassimale la maggior parte dell’energia è fornita dal glicogeno muscolare analogamente a quanto avviene nel lavoro ad alta intensità: nei successivi 20 minuti il glicogeno epatico e muscolare fornisce il 40-50% dell’energia mentre il resto viene garantito dai lipidi con un piccolo contributo delle proteine.
Col passare del tempo, durante un esercizio di media intensità si ha:
- deplezione di glicogeno;
- diminuzione del livello di glucosio ematico ed aumento di trigliceridi;
- aumentato catabolismo proteico per coprire il fabbisogno energetico.
Il glucosio plasmatico diventa quindi la principale fonte energetica per quanto riguarda i carboidrati ma la maggior parte di energia è fornita dai lipidi.
Se l’esercizio si protrae a lungo il fegato non è più in grado di immettere in circolo glucosio sufficiente a ricoprire le richieste muscolari e la glicemia scende: la fatica si manifesta quando c’è deplezione estrema di glicogeno epatico e muscolare indipendentemente dalla disponibilità di ossigeno a livello muscolare.
L’attività fisica di elevata intensità (75-90% del VO2max) non può essere protratta per 60-90’ anche nei soggetti allenati. Dal punto di vista fisiologico si ha liberazione di catecolamine, glucagone (clicca per approfondire) ed inibizione della secrezione d’insulina (clicca per approfondire): l’assetto ormonale che si instaura stimola la glicogenolisi epatica e muscolare.
Durante questo tipo di attività il 30% della richiesta energetica è coperta dal glucosio plasmatico, mentre il rimanente 70% è coperto per la maggior parte dal glicogeno muscolare (1 ora di attività porta alla deplezione del 55% delle scorte, 2 ore azzerano sia il glicogeno muscolare che quello epatico).
Inoltre, l’elevata richiesta energetica causa l’aumento della produzione di acido lattico che si accumula nel muscolo e nel sangue inibendo la lipolisi nel tessuto adiposo. Quindi il fattore limitante la prestazione sportiva è la disponibilità di ossigeno: in condizioni di scarsa ossigenazione il glucosio (clicca per approfondire), insieme alle riserve di fosfati muscolari (ATP e CP) è l’unica fonte energetica utilizzabile.
La glicolisi anaerobica ha un rendimento di 20 volte inferiore alla glicolisi aerobica e causa la produzione di acido lattico, responsabile della fatica muscolare. Ad un determinato carico di lavoro, maggiore è il VO2max e maggiore sarà il contributo dei grassi nel metabolismo energetico: un allenamento che migliora il VO2max pertanto incrementa anche la capacità di utilizzare i grassi come fonte energetica primaria.
Quanto detto fin’ora è giustificato dalla presenza di sistemi energetici che regolano il rapporto intensità lavoro muscolare/riserve energetiche dell’organismo.
I sistemi energetici attivati durante l’esercizio muscolare includono la via del fosfageno (anaerobico) e la via ossidativa (aerobico).
L’utilizzo della via anaerobica viene coinvolta per sforzi ad alta intensità per pochi secondi. L’ATP (adenosintrifosfato) e la CP (creatinfosfato) forniscono una riserva energetica prontamente disponibile nel tessuto muscolare. La quantità di ATP muscolare non è sufficiente per garantire un continuo apporto di energia, specialmente durante sforzi prolungati ad alta intensità.
La CP costituisce una riserva di energia in quanto è sfruttata per rigenerare nuove molecole di ATP per sostenere uno sforzo di elevata intensità per 3-5 minuti.
La quantità di CP muscolare è circa 4 volte maggiore delle riserve di ATP e quindi è la principale fonte di energia per attività muscolari ad alta intensità e di breve durata.
Un’altra via energetica utilizzata in assenza di ossigeno è la glicolisi anaerobica che, sfruttando la metabolizzazione di molecole di glicogeno e glucosio, produce rapidamente nuove molecole di ATP pronte per essere utilizzate nel tessuto muscolare. La glicolisi anaerobica consente di supportare sforzi intensi per 60-180”, approssimativamente si può affermare che il 30% del glicogeno muscolare totale venga consumato durante uno sprint di 30”.
Né la via energetica del CP né quella del glicogeno possono sostenere un rapido approvvigionamento di energia da permettere ai muscoli di contrarsi ad elevate intensità per 2-3’.
La via ossidativa supporta invece eventi della durata superiore ai 2-3 minuti: i maggiori substrati impiegati sono il glicogeno muscolare ed epatico, i trigliceridi, il tessuto adiposo e, in misura molto minore, gli aminoacidi mobilizzati dal tessuto muscolare.
Tutte le attività che richiedono uno sforzo continuo e prolungato attivano la via ossidativa per il rifornimento di energia, via via che l’ossigeno diventa più disponibile l’organismo privilegia la via ossidativa aerobica ed in minor misura quella anaerobica in quanto solo in presenza di ossigeno (aerobiosi) è possibile una continua e discreta quantità di ATP tramite il ciclo di Krebs (clicca per approfondire) e del seguente sistema di trasporto degli elettroni e fosforilazione ossidativa.