L’attività fisica ha importanti conseguenze sull’ apparato cardiovascolare, come l’incremento della portata cardiaca tramite l’aumento della frequenza cardiaca e della gettata pulsatoria, la ridistribuzione della portata cardiaca stessa (il sangue “abbandona” gli organi del distretto splancnico e viene dirottato verso i muscoli sottosforzo e che necessitano di metaboliti), la vasodilatazione, la vasocostrizione e le conseguenti modificazioni della pressione arteriosa.
Altri effetti notevoli riguardano il sistema respiratorio come l’aumento della ventilazione oppure i fenomeni legati alla termoregolazione. Altri aggiustamenti del corpo sotto sforzo sono invece meno lampanti e riguardano i sistemi dell’organismo, come quello endocrino, relativamente ancora poco studiati o considerati.
L’esercizio fisico produce, in effetti, marcati stimoli e provoca risposte da parte del sistema endocrino che influenzano l’andamento dell’allenamento stesso e, in alcuni casi, anche la capacità di adattamento all’allenamento (effetti di lunga durata). Altri aggiustamenti i meno evidenti ma comunque importanti sono di tipo umorale quali, ad esempio, l’incremento della quota di colesterolo buono HDL (leggi anche “Colesterolo: cerchiamo di fare chiarezza!“) o il tasso plasmatico dei trigliceridi (negli atleti di resistenza aumenta la quota di HDL e diminuisce quella dei trigliceridi).
Il sistema endocrino cerca di fornire il miglior adattamento ai diversi input psicofisici dati nel praticare sport di una certa entità.
Lo stress prodotto dall’allenamento stimola la produzione di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) e, poi, dell’ormone adreno-corticotropo (ACTH) che a sua volta stimola la secrezione di corticosteroidi: in questa fase vengono liberate anche beta-endorfine ipofisarie che agiscono sullo stimolo dei corticoidi e dei glicocorticoidi al fine di modulare l’adattamento e la difesa dell’organismo.
Le catecolamine prodotte dalla midollare del surrene hanno effetti metabolici generali e sul sistema cardiocircolatorio che accompagnano l’eccitazione simpatica, a sua volta associata alla reazione di adattamento allo stress:
- l’adrenalina esercita azioni vaste e opposte, a seconda dei recettori a cui si lega, che vanno dalla contrazione delle pupille, all’incremento della frequenza cardiaca, alla bronco dilatazione, alla dilatazione delle coronarie e alla stimolazione della contrazione cardiaca;
- la noradrenalina provoca vasocostrizione a livello arteriolare e dunque agisce sulle resistenze periferiche (incremento pressorio). L’azione delle catecolamine fa parte delle reazioni allo stress sopraccitate, che si integrano a quelle esercitate da altri ormoni surrenalici come il cortisolo.
Il cortisolo, secreto dalla corticale del surrene, ha effetti antinfiammatori e immunosoppressori con risposte sovrapponibili a quelle di adrenalina e noradrenalina (vasocostrizione, aumento della forza contrattile del cuore e della gittata cardiaca). La secrezione di cortisolo è subordinata a quella dell’increzione dell’ACTH ipofisario: la secrezione di quest’ultimo è contemporanea alla secrezione delle beta endorfine (oppiogeni endogeni) che si verifica soltanto tramite sforzi fisici intensi pari addirittura all’89-85% del V02max (quindi soltanto individui altamente allenati possono usufruire degli effetti anti-depressivi ed euforizzanti di queste sostanze). (leggi anche “Cortisolo: ecco perchè allenarsi troppo fa malissimo!“)
Questa risposta ormonale è meno marcata in chi pratica sport con regolarità e che quindi hanno un rilascio di pool ormonale inferiore nei soggetti sedentari.
Ad un minimo rilascio di catecolamine ed aldosterone si accompagna un notevole risparmio energetico in quanto tali ormoni stimolano la glicolisi epatica e la lipolisi per fronteggiare l’incremento della frequenza cardiaca e del lavoro muscolare.
Le beta endorfine, (sintetizzate dall’adenoipofisi e in minor misura da pancreas e testicolo) hanno caratteristiche chimiche di tipo oppioide: la loro produzione a seguito di sforzi intensi tende ad alleviare gli stati dolorosi ma agiscono indirettamente anche sulla liberazione di GH per inibizione del rilascio della somatostatina (che appunto inibirebbe la produzione di GH).
L’allenamento stimola la produzione dell’ormone somatotropo (GH) e della prolattina.
Il GH, ormone ipofisario androgeno, svolge un’azione anabolizzante generale sull’organismo: il suo rilascio è proporzionale al volume dell’allenamento ed alla massa muscolare sollecitata: permette la mobilizzazione delle riserve lipidiche come substrati energetici per l’organismo salvaguardando le scorte glucidiche, aumenta il numero di eritrociti stimolando il rilascio di eritropoietina, aumenta l’aggressività e la grinta.
L’integrazione glucidica durante l’attività sportiva, soprattutto se con carboidrati ad alto indice glicemico, causa una marcata inibizione nel rilascio di GH: inoltre, il picco glicemico così innescato può causare un’elevata risposta insulinica che determina la rapida captazione degli zuccheri circolanti e provocando spossatezza. Se invece i livelli ematici di glucosio (clicca per approfondire) rimangono bassi si ha una stimolazione del rilascio di GH.
La sintesi di GH in seguito all’allenamento si innesca dopo circa 10-20 minuti dall’inizio dell’attività raggiungendo il picco massimo dopo circa 30/45 minuti di workout: quindi i massimi benefici ormonali si hanno con allenamenti brevi non superiori all’ora e molto intensi anche perché l’intensità dell’allenamento determina il rilascio di dopamina, noradrenalina e serotonina che vanno a stimolare il rilascio di GH.
Il metabolismo glucidico è sotto il controllo di un complesso sistema ormonale che produce effetti sia immediati sia a lungo termine. Quando vi è necessità di zuccheri questi vengono mobilizzati grazie all’intervento di ormoni iperglicemizzanti come il glucagone (clicca per approfondire), il cortisolo e le catecolamine; per contro, la secrezione di insulina risulta essere inibita così come la sua funzione anabolica e di sintesi di glicogeno.
La secrezione degli ormoni iperglicemizzanti è proporzionale con l’intensità dell’esercizio, ma si incrementa notevolmente con valori superiori il 50% del V02max. Molti ormoni sono secreti, del resto, soltanto se l’esercizio fisico è molto intenso e se l’individuo è allenato. Ad esempio il testosterone subisce incrementi del 30% dopo almeno 6 mesi di allenamento e la sua secrezione provoca interessanti effetti sul trofismo muscolare, sulla performance in generale e anche su componenti emotive dell’individuo. La secrezione di questo ormone da esercizio, nella donna può essere causa di alterazione del ciclo mestruale (oligo-amenorrea).
La pratica di attività sportiva puo’ innalzare di ¼ la normale produzione di ormoni androgeni e quindi di testosterone, diidrotestosterone e delta-4-androstenedione: incremento proporzionale all’aumento del volume massimo di ossigeno utilizzabile che, a sua volta, aumenta in conseguenza allo stimolo ormonale.
Nella donna gli ormoni follicolari (FSH e LH) possono avere effetti negativi sulla prestazione sportiva e, d’altro canto, sport particolarmente intensi possono provocare la scomparsa del ciclo mestruale o la sua irregolarità in seguito ad un aumento della secrezione di prolattina che và ad inibire la funzione ovarica per un aumento, nelle atlete, della fase follicolare rispetto a quella luteale che causa una diminuzione della produzione di GnRH ipotalamico (precursore delle gonadotropine).
Dopo sessioni allenanti intense e/o prolungate nelle donne vi è un aumento dei livelli di beta-estradiolo e progesterone, ormoni in grado di incrementare la produzione di GH, insulina, cortisolo, aldosterone, FSH e LH: inoltre, si hanno ripercussioni sul livello ematico degli ormoni tiroidei T3 e T4 con conseguente incremento dei livelli metabolici cellulari e del metabolismo corporeo.
Per semplicifare guarda la tabella qui sotto.