Se n’è parlato tanto e sfortunatamente se ne continuerà a parlare. Il DSM 5 (Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) ha raggruppato in un’unica categoria diagnostica chiamata ‘’Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione’’, quelli che risultano essere caratterizzati da persistente disturbo dell’alimentazione o comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale. Tra questi, sfortunatamente, persiste l’Anoressia, uno dei disordini alimentari più noti insieme alla Bulimia.
Cos’è?
I criteri diagnostici DSM-5 dell’Anoressia sono i seguenti:
- Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.
- Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.
- Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.
Si distingue inoltre per:
Tipo con restrizioni: durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.
Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Le novità apportate riguardo ai criteri diagnostici sono diverse, tra cui l’abolizione del criterio amenorrea (presente invece nel DSM –IV) in quanto non applicabile ai maschi, alle donne in menopausa, alle adolescenti premenarcali e che assumono estroprogestinici ed in ultimo, alcune persone mostrano tutti gli altri segni dell’anoressia nervosa ma mantengono il ciclo mestruale. Inoltre, è stata eliminata la dicitura “rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per statura ed età” in quanto poco valutabile in termini oggettivi.
Statistiche
La Società Italiana di Pediatria ha lanciato un allarme nel giugno del 2015 dopo aver riscontrato nuovi disturbi alimentari che colpiscono i giovanissimi, annunciando che sono circa due milioni gli adolescenti a soffrirne. Il Ministero della Salute stesso sembra averne confermato un esordio sempre più precoce, compiendo una ricerca su circa 1400 casi di adolescenti. Il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute riferisce:
“I disordini alimentari, di cui anoressia e bulimia nervosa sono le manifestazioni più note e frequenti, sono diventati nell’ultimo ventennio una vera e propria emergenza di salute mentale per gli effetti devastanti che hanno sulla salute e sulla vita di adolescenti e giovani adulti. Negli Stati Uniti, le associazioni mediche che si occupano di disordini alimentari non esitano a definirli una vera e propria epidemia che attraversa tutti gli strati sociali e le diverse etnie”.
Pertanto, si parla di una patologia che può colpire diverse età, provenienza sociale e sesso, anche se il 90% risulta essere rappresentato da donne tra i 15-25 anni.
Ripercussioni
Le conseguenze avvengono sia a livello fisico che psicologico; nel primo caso gli effetti della denutrizione/malnutrizione causano disidratazione, danni all’apparato digerente, al fegato e reni, alla cavità orale, alla struttura ossea e problemi al sistema nervoso, mentre nel secondo si parla di ansia, depressione, senso di colpa, comportamenti ossessivi, autostima bassa, umore instabile e difficoltà relazionali.
Quale origine?
Tutti i disordini alimentari, così come l’Anoressia, sono patologie complesse derivanti dall’interazione di diversi fattori quali biologici, sociali, genetici, ambientali, familiari e psicologici a cui si somma una disposizione della persona stessa verso un’eccessiva attenzione nei confronti del peso e della propria forma fisica. Il contesto culturale odierno, che predilige un modello femminile caratterizzato da magrezza o determinate misure potrebbe essere terreno fertile per chi è già predisposto.
L’AIDAP (Ass. Italiana per i Disturbi dell’Alimentazione e del peso) riconosce come fattori di rischio potenziali i seguenti:
- Generali: sesso femminile, adolescenza e prima età adulta e contesto culturale occidentale.
- Individuali: storia familiare, depressione, ansia, tratti ossessivi e perfezionistici e disturbi alimentari di qualsiasi tipo, difficoltà relazionali/emotive e di comunicazione con i propri genitori, abusi sessuali, diete familiari, pensieri familiari riguardo al cibo/corpo e peso, lavoro svolto (ad es. modella).
In sintesi cosa accade?
La persona anoressica inizia a modificare drasticamente la propria alimentazione, con l’obiettivo esclusivo di perdere peso, rifiutandosi di assumere cibo o in alternativa bruciando calorie in modo ossessivo, fino a perdere l’85% di peso in più rispetto all’età, sesso e altezza. Alcuni segnali si palesano durante il rituale del pasto dove il cibo viene sminuzzato e ingerito con estrema lentezza e nel momento determinati alimenti definiti “grassi” vengono definitivamente eliminati dall’alimentazione. La persona spesso non si riconosce allo specchio come oggettivamente magra e questo diventa causa di discussioni conflittuali con i propri familiari e di distanze emotive; si sente poco compresa e sola. Non contempla un’altra idea di benessere che non sia quella corrispondente all’obiettivo in mente, ossia quello di perdere peso
E’ proprio qui che il virtuale diventa la “culla” della patologia oggi, dove nascono delle vere e proprie comunità virtuali di Anoressiche che si tirano su e si motivano nella perdita di peso o di taglie, scambiandosi foto e messaggi che regalano la sensazione di non essere più sole e incomprese.
PRO-ANA è uno di questi!
Ana sta per ANoressiA e indica una comunità legata dalla stessa. In prima pagina, reclama una “filosofia di vita” e prega chi è contrario di uscire. Il motto risulta essere “bellezza e magrezza al primo posto!”. L’anoressia viene promossa come rigido e perfetto stile di vita, da seguire attraverso consigli e suggerimenti su come farlo. Frequentemente, ogni messaggio viene chiuso con messaggi del tipo “Ana ti amo”, “nel nome di Ana”, “Grazie di esserci Ana”.
I siti propongono poi delle foto che inneggiano alla leggerezza, bellezza e perfezione attraverso immagini di piume, farfalle, petali di rose oltre che di modelle eccessivamente magre. Per entrare a far parte di queste comunità virtuali, diventa necessario dichiarare il desiderio di perdere peso e il proprio accordo rispetto a regole implicite legate al gruppo, tra le quali il rispetto del giorno di digiuno. Ad es, alcuni messaggi propongono giustificazioni da sfruttare per potersi recare in bagno a vomitare, cosa fare in caso di stimolo della fame o diete funzionali per perdere gli “ultimi kg”.
La moda è dilagante e a partire da questi siti, vi sono ragazze che creano il proprio blog dove compiono le stesse funzioni di PRO-ANA. Basta fare una piccola ricerca in internet e troverete diverse pagine dove alcune adolescenti scrivono quotidianamente pensieri, emozioni e ciò che hanno fatto in merito al cibo e al proprio peso, che chiedono aiuto e amicizia “anoressica”. Tutti questi siti, rientrano nei cosiddetti Fattori di mantenimento della patologia, in quanto garantiscono dei vantaggi e dei rinforzi positivi per la persona che ne soffre e conseguentemente l’auto-mantenimento e la cronicizzazione.
La difficoltà nel trattamento, è proprio legata alla demotivazione della persona anoressica dovuta al fatto che il suo concetto di benessere è direttamente collegato a calorie, kilogrammi e obiettivi fisici, che non contempla una lettura di sanità mentale più generale. Per tale motivo, di frequente, l’unica soluzione sembra essere quella del ricovero coatto e prolungato all’interno di cliniche preposte. In alternativa, i trattamenti di altro tipo più indicati, restano la Psicoterapia cognitivo comportamentale, la Psicoterapia psicodinamica e Sistemica in aggiunta a Farmacoterapia. Nella maggior parte dei casi, l’intervento privilegiato sembra essere quello che unisce diverse modalità e diversi approcci.
Per maggiori informazioni, resto disponibile come sempre, ai seguenti recapiti:
Dott.ssa Vera Cabras Psicoterapeuta esperta in Nuove Dipendenze e Sessuologia Clinica Studio: Via dell’Indipendenza, 61 Bologna Tel: 3240848398 Mail: cabrasvera28@gmail.com FB: https://www.facebook.com/psicologiaVera