Spesso l’allenamento è considerato un’arte più che una scienza e si attribuisce la sua validità in base al fatto che un atleta vinca o perda, senza valutare sul piano scientifico gli effetti che questo induce.
Per impostare un allenamento che consenta di migliorare la performance per raggiungere gli obiettivi prefissati è importante capire quali sono i meccanismi esoergonici da allenare.
Le varie forme di attività fisica coinvolgono diversi sistemi esoergonici in funzione della durata e dell’intensità dell’esercizio, tuttavia è difficile collocare alcune attività in una categoria, in molti casi tutti e 3 i sistemi esoergonici sono coinvolti (Sistema ATP-CP, sistema glicolitico, sistema aerobico) ed il contributo relativo dei tre sistemi varia al variare di intensità e durata del lavoro.
Attività di breve durata, sino a circa 6 secondi, usufruiscono esclusivamente del sistema esoergonico ATP-CP, tipico degli atleti che competono in prove di forza e scatto (potenza elevata). Se la durata del lavoro (massimale) raggiunge il minuto, la potenza espressa diminuisce, l’energia proviene principalmente da meccanismi anaerobici ma con progressivo maggior coinvolgimento della via glicolitica con formazione di acido lattico.
Se la durata del lavoro massimale raggiunge i 2-4’, la potenza espressa diminuisce ulteriormente, la via anaerobica diventa relativamente meno importante mentre assume maggior importanza la resintesi di ATP per via aerobica.
Per attività che si prolungano nel tempo, almeno il 99% del fabbisogno energetico è coperto da meccanismi aerobici.
Un allenamento risulta adeguato se migliora specificamente il meccanismo esoergonico coinvolto in una determinata specialità atletica.
La risposta all’allenamento è sostanzialmente la stessa nei due sessi.
L’obiettivo principale dell’allenamento è quello di indurre adattamenti biologici che migliorano la performance in esercizi specifici. Gli adattamenti si verificano però seguendo programmi molto precisi e finalizzati, differenziati per quanto riguarda frequenza e durata delle sedute, tipo di allenamento periodo di recupero e di competizione.
Principio del sovraccarico
per indurre un miglioramento in una determinata attività bisogna applicare il principio del sovraccarico funzionale. Praticare un’attività fisica ad un livello di intensità superiore rispetto al normale induce modificazioni biologiche tipiche del processo allenante da cui deriva un miglioramento prestativo e, a tal fine,è fondamentale delineare un’appropriata miscela di frequenza, intensità e durata del carico allenante in relazione ad ogni specifica attività. Il concetto di personalizzazione dell’allenamento e quindi della progressione dei carichi di lavoro si applica a tutti, dagli atleti di vertice ai cardiopatici.
Principio delle differenze interindividuali
no dei fattori che, a livello individuale, può differenziare l’effetto dell’allenamento è la capacità aerobica prima dell’inizio del programma di allenamento: gli effetti dell’allenamento sono ottimizzati se il carico di lavoro è tarato sulle capacità atletiche individuali e su un obiettivo specifico e, comunque, sono influenzati anche da fattori genetici.
Principio della specificità
L’allenamento induce modificazioni metaboliche e fisiologiche specificamente connesse al tipo di sovraccarico imposto; il miglioramento delle capacità anaerobiche è a scapito di quelle aerobiche e viceversa. Questo principio è anche più preciso se si considera ad esempio che il miglioramento delle capacità aerobiche che si verifica nel nuoto non è lo stesso che si ha nella corsa o nel ciclismo in quanto il miglioramento coinvolge precisamente i muscoli allenati.
L’allenamento per discipline aerobiche diverse deve coinvolgere da un lato la muscolatura specifica e dall’altro comportare un sovraccarico per il sistema cardiovascolare, da questo si capisce quanto sia difficile essere fisicamente validi per varie forme di attività aerobiche.
Una volta che si è verificato il miglioramento del massimo consumo di ossigeno nel corso dell’allenamento, successivi miglioramenti prestativi si realizzano attraverso una serie di modificazioni comunque connesse al sistema di trasporto e di utilizzo dell’ossigeno e tali modificazioni si verificano principalmente nei muscoli direttamente coinvolti nell’allenamento, non si tratta quindi di miglioramenti cardiovascolari generali.
Mentre il miglioramento della capacità aerobica è fortemente specifico, il miglioramento della funzione cardiaca è un fenomeno generale: perché si realizzi il condizionamento cardiaco basta che l’allenamento coinvolga grosse masse muscolari.
Nell’allenamento di resistenza il sovraccarico di specifici gruppi muscolari migliora la performance e la capacità aerobica favorendo il meccanismo di trasporto e di utilizzo dell’ossigeno nei muscoli interessati.
L’aumento della capacità aerobica nei muscoli allenati può dipendere da una migliore vascolarizzazione capillare, da una più efficiente distribuzione regionale del flusso di sangue e dal vantaggio derivante dall’effetto combinato di questi due meccanismi e, comunque, le modificazioni funzionali si riscontrano solo nei muscoli allenati quando questi vengono specificamente coinvolti nel lavoro muscolare.
Principio della reversibilità
Il deallenamento si verifica piuttosto rapidamente appena viene interrotto il programma di deallenamento. Dopo solo 1 o 2 settimane il de allenamento coinvolge l’aspetto metabolico e le capacità prestative e in pochi mesi ogni modificazione precedentemente indotta scompare.
Si ha quindi una diminuzione del massimo consumo di ossigeno, delle gittata pulsatoria e cardiaca, della capacità cardiaca e della densità capillare nei muscoli allenati.