Di Francesco Margheriti, Biologo Nutrizionista.
Sempre più persone e professionisti del settore parlano di acidificazione, acidosi, “sangue acido”, equilibrio acido-base e diete, o approcci nutrizionali, che permetterebbero un controllo di questi parametri e, persino, prevenzione o cura di patologie gravissime.
Ma effettivamente, alla base di tutto questo parlare, cosa sappiamo e cosa abbiamo?
Scientificamente sappiamo che il nostro organismo, per fortuna, è in grado di mantenere un equilibrio fra sostanze acide e sostanze alcaline, “equilibrio acido-base” o pH, sia a livello del sangue circolante che a livello tissutale.
A differenza di quello che molti “esperti” dicono, tra i quali gente che parla di alimentazione e nutrizione magari dopo aver conseguito lauree online o aver ottenuto semplici diplomi, o magari laureati in scienze naturali e affini che però, per legge, non dovrebbero parlare di alimentazione, il pH del sangue è sempre molto stabile, con un valore di 7.41 circa. Questo valore, anche in situazioni critiche, può subire leggeri spostamenti, verso l’acidificazione o verso l’alcalinizzazione, ma in pochissimi istanti rientra al valore normale. Diverso il discorso per il pH tissutale che, invece, può subire forti variazioni influenzando lo stato di salute generalizzato.
In tutti gli stati patologici si nota un forte aumento dell’acidità tissutale dovuto all’accumulo di tossine che derivano dalle più svariate forme di stress alle quali l’organismo umano deve sottostare (tra i quali, anche l’alimentazione).
Le cellule tumorali, ad esempio, mostrano una attrazione maggiore verso i tessuti con pH acido.
Tendenzialmente, ogni giorno siamo sottoposti ad una situazione “acida” e ad una “basica”. Durante il giorno ci troviamo nella fase “acida”, catabolica, durante la notte nella fase “alcalina”, anabolica.
Perché questo? Perché durante il giorno, l’organismo per vivere deve bruciare sostanze energetiche e, purtroppo o per fortuna, si presenta un deterioramento tissutale fisiologico. Durante la notte, quando l’organismo cerca di ripristinare uno stato di salute, avviene l’esatto contrario.
Come potete notare, quindi, non possiamo fuggire da una situazione naturale e fisiologica come l’acidificazione.
Naturalmente, il sano stile di vita, che non si limita solo ed esclusivamente all’alimentazione, deve far si che questa alternanza rimanga fisiologica e non diventi patologica.
Quando ci troviamo d’avanti ad una situazione patologica, dobbiamo precisare che si tratta di acidosi tissutale, non ematica come molti pensano, in cui, anche di notte, il pH rimane basso con conseguente reattività dell’organismo.
Cosa succede e come ce ne accorgiamo?
I soggetti allergici e asmatici tendono ad avere reazioni più forti del normale, compaiono ponfi ed irritazioni cutanee, le unghie diventano fragili così come i capelli, a livello gastrointestinale la situazione non è delle migliori, il ciclo mestruale si altera, compare stanchezza cronica, sonnolenza, mal di testa e irritabilità.
Il mantenimento dell’equilibrio acido-base è una delle prerogative del nostro organismo ed il nostro organismo possiede già tutti i sistemi di precauzione affinchè questo equilibrio rimanga stabile nella maggior parte del tempo o affinchè, in presenza di variazioni, queste siano solo temporanee.
Quali sono le armi che possediamo?
Come detto in precedenza, il corpo umano è strutturato ed organizzato per evitare quanto più possibile minimi sbalzi, oltre quelli fisiologici, del pH. Se questo dovesse variare di molto, le strutture portanti della biochimica del nostro organismo cambierebbero di conformazione, il sistema nervoso andrebbe incontro a gravi problemi, ci sarebbero squilibri elettrolitici fino alla comparsa di aritmie cardiache. Per questi, ed altri motivi, esistono sistemi tampone insiti nel nostro essere.
Il primo è proprio il sangue. All’interno di esso troviamo anidride carbonica e bicarbonato. Se per un qualunque motivo aumentano gli acidi, viene prodotta più anidride carbonica e acqua, andando a tamponare questa situazione fisiologica sfavorevole. Per rispondere a più eventi giornalieri di questo tipo, l’organismo deve creare più tamponi possibile.
Allora entrano in gioco altri sistemi, come i polmoni e i reni.
I primi sono gli organi deputati all’ossigenazione del sangue. Quando respiriamo, il sangue si carica di ossigeno, scaricando anidride carbonica. Quando abbiamo bisogno di anidride carbonica per tamponare l’acidità ematica, la frequenza del respiro aumenta. Se il sangue, invece, dovesse trovarsi in una situazione basica o alcalina, il ritmo della respirazione si abbasserebbe.
Prima abbiamo detto che oltre all’anidride carbonica, per tamponare, servono i bicarbonati. Questi vengono prodotti a livello renale. Il rene filtra il sangue, in maniera tale da rimettere in circolo i nutrienti che servono ed eliminare, con le urine, gli scarti. Di base, per essere sintetici, il rene riassorbe il bicarbonato presente nel sangue e ne crea del nuovo, mandando anche questo in circolo.
Un altro apparato che si attiva, molto meno spesso rispetto ai due sopra citati, in caso di acidosi metabolica duratura nel tempo, è il sistema osseo. Si, proprio le ossa. L’organismo prende in prestito il calcio dalle ossa, una sostanza minerale alcalina (così come il magnesio e il bicarbonato di prima…) causando, alla lunga, un depauperamento delle riserve minerali e quindi una demineralizzazione dell’osso che potrebbe portare all’osteoporosi.
Per concludere, salvo patologie già accertate che vanno ad impedire il corretto funzionamento di polmoni e reni, o se ci troviamo in situazioni estreme di acidi (come nel diabete) o di basi (dopo aver assunto troppo bicarbonato) il pH del sangue è costante e sempre controllato e regolato. Assumere grassi o proteine attraverso la dieta non fa variare il pH del sangue. Allo stesso modo, assumere in quantità esagerata frutta e verdura non porta ad avere effetti alcalini. Quindi è facile capire che diete miracolose o diete alcaline servono a poco, soprattutto se si ha come obiettivo la prevenzione del così erroneamente detto, sangue acido.
Da questo concetto, passiamo alla così detta “Dieta Alcalina”.
Chi vende la dieta alcalina, usa, di solito, termini al quanto importanti e preoccupanti. Di solito si legge o si sente in alcuni programmi televisivi che mangiare prodotti “non acidi” aiuta a prevenire il cancro.
Un certo Robert Young, laureato presso una università online poi chiusa per truffa, presunto medico, diceva che bastava mangiare alcuni tipi di frutta, alcuni legumi ed evitare carne, grassi, fritti per portare il nostro corpo ad un maggiore grado di alcalinizzazione, con risultati sorprendenti per la nostra salute. Spesso, anche alimenti considerati come alcalini, in realtà, usando un pHmetro, risultano essere acidi. Da qui possiamo già cominciare ad intuire come dietro alla “Dieta Alcalina” ci sia poco di vero. Sicuramente evitare cibi molto grassi o pesanti come i fritti aiuta a raggiungere uno stato di benessere maggiore, ma non dobbiamo parlare di approccio alcalino, quanto di buon senso.
Gli alimenti alcalini, o così classificati, appena entrano nello stomaco, sono in contatto con qualcosa di molto molto acido… i succhi gastrici. Da questo incontro, il prodotto alcalino perde tutte le sue proprietà alcalinizzanti.
Inoltre, diamo per plausibile che un alimento superi senza essere modificato il tratto dello stomaco, una volta arrivato nel sangue, si attiverebbero tutti quei meccanismi trattati sopra che porterebbero il pH al valore normale.
Poi, anche se il prodotto in questione non dovesse essere modificato dai sistemi tamponi, basterebbero pochissimi minuti per ritrovarci in una situazione non piacevole come l’alcalosi metabolica. Quindi questo alimento non sarebbe per niente salutare.
Quando qualcuno poi proverà a dimostrare che ci sono studi che dicono che con la dieta alcalina si sta meglio, eccetera eccetera, si dovrà far notare che non è l’alcalinità dell’alimento ad aver risolto l’eventuale problematica, ma i micro e macronutrienti che essi contengono.