Stimolata dall’ultimo articolo scritto da Serena Nanetti, Naturopata del nostro Blog, “Come supportare il bambino di oggi“, ho pensato di tradurre in parole scritte una serata informativa tenuta da me l’anno scorso, presso la Biblioteca di Anzola dell’Emilia, che aveva come focus il tema della comunicazione genitore-figlio adolescente. Ricordo di aver aperto la relazione proponendo un video molto interessante che lascerò per voi alla fine.
Quante volte abbiamo detto o sentito queste frasi: “Tu non mi capisci!” – “No, sei tu che non mi capisci!“?? Da un lato, quindi le esclamazioni del genitore:
‘’Non lo riconosco più!’’ – ‘’E’ diventato un egoista!’’ – ‘’Questo non è mio figlio!’’ – ‘’Non ci vuole più bene!’’
Dall’altro, i ritornelli del figlio:
‘’I genitori…che palle!’’ – ‘’Stanno sempre a controllarmi’’ – ‘’Non capiscono nulla!’’ – ‘’Pensano di sapere sempre tutto!’’
Vi posso assicurare che durante la mia esperienza di 4 anni all’interno di un Consultorio per Adolescenti e Sportelli d’Ascolto nelle Scuole i genitori erano nella maggior parte dei casi i protagonisti delle loro storie, in particolare per la sensazione di sentirsi incompresi e talvolta vittime. Spesso, ho dovuto chiamare il genitore, dopo autorizzazione del figlio, per ricucire la relazione o ristabilire l’equilibrio; nella maggior parte dei casi notavo come il problema principale era proprio quel muro che avevano innalzato uno contro l’altro, che non lasciava spazio a negoziazioni o a condivisioni.
Mi piace definire gli adolescenti come grandi bambini e piccoli adulti, persone né carne né pesce che si trovano a dover subire la trasformazione di un corpo, il cambiamento dei propri pensieri sotto l’influenza del mondo che li circonda, dei legami affettivi e dei propri interessi. Inutile dire che NULLA E’ PIU’ COME PRIMA! Francoise Dolto, Pediatra e Psicoanalista, afferma:
‘’Quando i gamberi cambiano il guscio, per prima cosa perdono quello vecchio restando senza difesa durante il tempo necessario per fabbricarne uno nuovo. Ed è proprio in questo periodo che sono esposti ad un grave pericolo.. Così è per gli adolescenti…fabbricare un nuovo guscio costa tanta fatica e tante lacrime.. questo è il dramma dell’adolescente!’’
Il corpo in primis, diventa un grande sconosciuto e i segni dell’infanzia scompaiono, lasciando l’adolescente in un vortice di emozioni nuove, caratterizzate da attrazione verso l’altro e anche da un senso di estraneità.
Inoltre, il cambiamento avviene anche nella testa dove il pensiero diventa sempre più logico e astratto, per cui:
- Sono possibili i collegamenti tra le proprie idee ed i principi generali;
- I dati concreti possono essere inseriti in contesti più ampi;
- Si possono immaginare soluzioni possibili ed ipotetiche;
- Si sviluppa la capacità di mettersi nei panni degli altri.
Pertanto, nuove capacità di astrazione e dati concreti potrebbero entrare in conflitto tra loro e portare ad assumere posizioni contraddittorie. L’adolescenza comporta nuovi compiti, sintetizzabili in tre punti:
- Accettazione delle trasformazioni fisiologiche e della maturazione sessuale;
- Darsi una nuova identità rendendosi autonomi dai genitori;
- Crearsi una scala di valori e di obiettivi per la propria vita, trovando un posto nel mondo degli adulti.
Cambia il loro corpo, cambiano le loro sensazioni, i loro odori, i loro sogni, i loro amici. Non trovano più una lingua, dei gesti, un mondo stabile. E’ come stare su una grande ruota che gira troppo in fretta.
Mentre scrivevo queste righe, ho pensato anche di proporvi una domanda e/o riflessione, a cui ho cercato di dare delle risposte, quale: “Perché è difficile essere adolescenti oggi?“
Io ho ipotizzato che possano incidere in particolare:
- Maggiori separazioni in famiglia;
- Genitori impegnati su vari fronti;
- Cultura iper-erotica;
- Cultura del ‘’tutto e subito’’;
- Diversi mezzi di comunicazione che trasformano le relazioni;
- Stimoli variegati e messaggi contradditori da fonti prima inaccessibili (media, internet, etc).
Voi genitori vi starete chiedendo: “E quindi cosa fare?“
E io vi rispondo, a malincuore, che : “…una ricetta magica assoluta non c’è!….ma spero di potervi aiutare a riflettere scrivendo le righe che seguono..”
Alberto Pellai, Medico e Psicoterapeuta, ha intelligentemente utilizzato la metafora del gioco “Tiro alla fune”, per spiegare il rapporto tra genitore e adolescente, esponendo interessanti riflessioni e suggerimenti.
Ad es., quando il genitore tira sempre e troppo (stile autoritario):
- Obbliga il figlio ad essere solo ubbidiente;
- Nulla è negoziabile.
Frasi tipiche: “E’ no perché lo dico io!” / “Si fa così e basta!” / “’ Sei a casa mia e fai quello che decido io!” / “Sei troppo piccolo per capire”
Al contrario, quando il genitore lascia subito la fune:
- Il figlio si trova senza compagno di gioco;
- La partita viene vinta senza fatica;
- Ha in mano una libertà che molto probabilmente non sa come gestire (Bisogno di aiuto non accolto).
Sono spesso frasi tipiche di un genitore che teme un no da parte del figlio: “Fai quello che vuoi..” / “Ok…fai pure”
Quando il genitore sta al gioco:
- E’ flessibile e si adatta a seconda dei movimenti del figlio;
- Negozia in modo autorevole & empatico.
Si muove mantenendo talvolta una forza uguale o contraria, a seconda delle situazioni.
Diventa fondamentale non cadere nel gioco del braccio di ferro, identificabile attraverso alcuni segni, quali conversazioni dove i protagonisti iniziano frasi con ‘’Si, ma..’’ (conferma e disconferma immediata), liti furibonde in cui ognuno è impegnato a controbattere e non ad ascoltare e ricatti morali continui.
Gli spazi di discussione con i propri figli, possono diventare un’occasione formativa da parte dei maestri più speciali per lui/lei (genitori), per imparare e/o allenarsi nella negoziazione, che gli/le servirà in futuro, nella relazione con gli altri.
E per finire….NON DIMENTICARSI MAI:
- Chiedere scusa quando si è in errore…così che un figlio possa imparare a farlo da voi.
- Dare riconoscimenti positivi quando serve.
- Smettere di fingersi genitori/persone perfette…così che un figlio veda che anche voi siete vulnerabili. (EMPATIA)
- Avere il coraggio di parlare di e con le emozioni…lingua spesso sconosciuta.
- Non rinfacciare (Ruolo UP) ‘’Te l’avevo detto io…’’ potrebbe imparare a guardare solo il passato.
Termino questo mio articolo consigliandovi di approfondire il tema anche attraverso la lettura dei libri di Pellai Alberto e lasciando a voi genitori una citazione di Bettelheim:
Occorre saggezza nel giudicare noi stessi: pur non essendo perfetti possiamo dirci genitori passabili se, per la maggior parte del tempo, riusciamo ad amare i nostri figli e a fare del nostro meglio per non deluderli. Follia è invece pensare che tutto quello che nostro figlio fa sia da riferire solamente a noi: il più delle volte quello che fa ha a che fare principalmente con lui e marginalmente con noi. Un giudizio saggio, e dunque oggettivo, ci consentirà di capire che quella che può sembrare ostilità contro di noi (che così giudicata può suscitare una reazione negativa da parte nostra) è invece il più delle volte insoddisfazione del bambino nei propri confronti. Una volta riconosciuto questo, il nostro cuore non mancherà di essere tutto con lui, e di suggerirci come poterlo aiutare. E allora ci sentiremo bravi, automaticamente; e nostro figlio avvertirà come sia bello far parte di una famiglia che sostiene chi ha bisogno di aiuto.
Dott.ssa Vera Cabras
Psicoterapeuta-Analista Transazionale
Esperta in Sessuologia Clinica e Nuove Dipendenze
Tel: 3240848398
Studio: Via dell’Indipendenza, 61 Bologna
Web: http://veracabras.altervista.org/
e-mail: cabrasvera28@gmail.com
FONTE: B. Bettelheim, ‘Un genitore quasi perfetto’ 1988, Milano, Feltrinelli.