Taping kinesiologico, Kinesiotaping, Taping Neuromuscolare, Taping Kinesi Terapico… tantissimi nomi per dire la stessa cosa: il “cerotto colorato” come l’ha chiamato una cliente, semplificando molto la realtà ma colpendo pienamente nel segno.
È ormai diventato la moda del momento, sdoganato da Mario Balotelli dopo il grandissimo goal alla Germania negli Europei 2012 in Polonia e Ucraina, è un’invenzione in realtà ormai “datata”: il suo “papà” è il Dott. Kenzo Kase che ha sviluppato il Kinesio Taping Method oltre 35 anni fa. La prima apparizione del Taping Neuromusclare si registra, infatti, alle Olimpiadi di Seul del lontano 1988 con la nazionale giapponese di pallavolo.
In Europa, invece, arriva molto più tardi, solo a cavallo del 2000: una delle prime applicazioni compare nel campionato italiano di pallacanestro, sul polpaccio di Stefano Mancinelli, attuale capitano della nazionale italiana di basket. Ovviamente negli anni ha subito innumerevoli modifiche per adattarlo all’esperienza clinica e alla ricerca applicata sul campo, fattori che non era possibile valutare negli anni ’80 perché gli studi necessitavano di maggiore tempo.
Ma cos’è, una volta per tutte, il Taping Neurouscolare? È una tecnica non invasiva e non farmacologica che, attraverso l’applicazione di un nastro adesivo ed elastico con particolari caratteristiche meccano elastiche, offre una stimolazione meccanica in grado di creare spazio nei tessuti, favorire il metabolismo cellulare, attivare le naturali capacità di guarigione del corpo e normalizzare la propriocezione neuromuscolare. L’altra domanda che, ovviamente, sorge spontanea è: come funziona il Taping Neuromuscolare? La tecnica, a differenza del taping tradizionale, si basa sull’agevolazione dei movimenti cutanei e muscolari in modo da ottenere un effetto biomeccanico terapeutico sulle zone trattate. Perché ciò avvenga devono essere rispettati alcuni fattori determinanti: l’utilizzo di un nastro con caratteristiche particolari; la metodologia di applicazione; la tecnica di taping che viene definita decompressiva o “in scarico” e quella definita compressiva o “in carico” la competenza dell’operatore. Scendendo nei dettagli pratici, il nastro è costituito da cotone di alta qualità con uno strato adesivo in acrilico e ha la caratteristica fondamentale di avere, in lunghezza, circa la stessa elasticità della pelle (40%); è, inoltre, ipoallergenico, traspirante e resistente all’acqua.
L’applicazione, insieme al movimento del corpo, produce micromovimenti che stimolano i recettori della cute e quelli degli stati sottostanti, inviando stimoli esterocettivi e propriocettivi a livello del sistema nervoso centrale che determinano una risposta muscolare riflessa. Il nastro, sollevando la cute e dilatando quindi gli spazi interstiziali, migliora la circolazione, favorisce l’assorbimento dei liquidi e riduce la pressione sottocutanea. Perché ciò avvenga, però, è importante che prima dell’applicazione venga ricercato il movimento muscolare e articolare, applicando il nastro in modo da determinare micromovimenti locali e provocare la sua azione de compressiva grazie alla formazione delle tipiche pieghe durante il movimento. Il Taping Neuromuscolare differisce da altri tipi di bendaggi proprio per il metodo di applicazione definito nei due aspetti decompressivo e compressivo. Il nastro si applica con vari gradi di tensione che dipendono dall’effetto terapeutico desiderato.
Le funzioni del Taping Neuromuscolare si sviluppano in 4 direzioni.
Funzione sensitiva:
- diminuzione della pressione sui recettori chimici e conseguente riduzione dell’infiammazione;
- stimolazione dei recettori meccanici;
- controllo della “teoria del cancell.
Funzione muscolare:
- riduzione della fatica muscolare;
- aumento della contrazione muscolare in un muscolo debole;
- riduzione dei crampi e di possibili incidenti muscolari.
Funzione articolare:
- normalizzazione del tono muscolare e della fascia connettivale;
- aggiustamento del disallineamento causato da accorciamenti muscolari o da eventi traumatici;
- aumento del ROM.
Funzione linfatica:
- aumento della circolazione linfatica e sanguigna;
- riduzione dell’eccesso di calore nel tessuto;
- apertura del drenaggio linfatico;
- riduzione del dolore.
Per concludere, è poi fondamentale la competenza dell’operatore che applica il taping: qualora, infatti, l’applicazione non sia corretta non solo è possibile che non si ottenga l’effetto desiderato, ma c’è la possibilità che l’effetto sia addirittura dannoso. Basti pensare cosa può succedere se, come mi è capitato di vedere, si fa un’applicazione al contrario su un edema alla caviglia e, anziché facilitare il riassorbimento del versamento, lo si peggiora.
Per maggiori informazioni e contatti privati: Dott. Marco Orselli.
Bibliografia Blow D. Taping Neuromuscolare. Dalla teoria alla pratica. Edi Ermes 2012 Bellia R, Selva Sarzo F. Il taping kinesiologico nella traumatologia sportiva manuale di applicazione pratica. Alea 2011